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Dopo essersi fermato tra loro non più di otto o dieci giorni, scese a Cesarea e il giorno dopo sedette in tribunale e comandò che gli fosse portato Paolo. (Atti degli Apostoli 25, 6)
Paolo si difendeva affermando: "Non ho peccato né contro la legge dei Giudei né contro il tempio né contro Cesare". (Atti degli Apostoli 25, 8)
Allora Festo, volendo far cosa gradita ai Giudei, rivoltosi a Paolo gli domandò: "Vuoi salire in Gerusalemme e là essere giudicato di fronte a me riguardo a queste cose?". (Atti degli Apostoli 25, 9)
Ma Paolo replicò: "Sto dinanzi al tribunale di Cesare e qui mi si deve giudicare. Non ho fatto alcun torto ai Giudei, come anche tu sai molto bene. (Atti degli Apostoli 25, 10)
E poiché vi si trattenevano alcuni giorni, Festo espose al re il caso di Paolo, dicendo: "C'è un uomo che è stato lasciato in prigione da Felice. (Atti degli Apostoli 25, 14)
Avevano con lui soltanto delle contestazioni su punti della loro religione, e riguardo a un certo Gesù, morto, che Paolo asseriva essere vivo. (Atti degli Apostoli 25, 19)
Ma avendo Paolo interposto appello per essere riservato al giudizio di Augusto, comandai che fosse custodito in prigione, finché non possa inviarlo a Cesare". (Atti degli Apostoli 25, 21)
Il giorno dopo Agrippa e Berenice vennero con grande pompa e, quando furono entrati nella sala delle udienze con i tribuni e i personaggi eminenti della città, Festo comandò di condurre Paolo. (Atti degli Apostoli 25, 23)
Agrippa disse a Paolo: "Ti è accordata la parola per difenderti!". Allora Paolo, stesa la mano, incominciò a parlare in sua difesa: (Atti degli Apostoli 26, 1)
Mentre egli diceva queste cose in sua difesa, Festo alza la voce e gli grida: "Tu stai delirando, Paolo: il tuo gran sapere ti ha dato alla testa". (Atti degli Apostoli 26, 24)
E Paolo: "Non sto sragionando, eccellentissimo Festo, ma dico parole veritiere e sensate. (Atti degli Apostoli 26, 25)
E Agrippa a Paolo: "Ancora un poco e mi persuadi a farmi cristiano". (Atti degli Apostoli 26, 28)